Generazione 1000 euro

Generazione 1000 euro

C’è, da prima della crisi una generazione, o meglio, più generazioni trasversalmente accumunate dal prendere 1000 euro al mese, poco più o poco meno. Oggi, che non si fa altro che parlare di recessione, ci si accorge anche di loro: precari dei call center, metalmeccanici senza specializzazione, giovani che si arrabattano come possono tra cooperative e lavori part time. Eppure, chi più, chi meno, “le generazioni 1000 euro” trovano il modo di andare in vacanza, avere il telefonino e uscire con gli amici.

Vado dalla china hairdresser”, che poi sarebbe la giovane parrucchiera cinese che ha aperto un negozietto sotto casa, “per le vacanze mi arrivano delle offerte strepitose da un sito internet” che, tra le altre cose, (volendo!) fa degli sconti eccezionali anche per la protesi mobile di nonna, “per il cellulare ho accettato la portabilità del numero, così posso parlare gratis col mio fidanzato”, che tradotto vuol dire che ha semplicemente cambiato gestore, mentre “per i miei bimbi, ho chiesto a mia cugina di passarmi i vestitini dei suoi figli”, che poi era quello che faceva mia madre con me.

Necessità e desideri si fondono nell’arte di arrangiarsi, di inventarsi ogni giorno un modo nuovo per andare avanti, facendo quotidianamente gli equilibristi tra “quel che posso e quel che vorrei”. Per un week end si sceglie il treno in offerta a poche decine di euro, “tanto quella città d’arte non l’avevo mai visitata”, mentre per la pizzata del sabato sera si va tutti da “Prosciuffo”, il pizzaiolo straniero che ha sbagliato tutti i nomi delle portate italiane, “così possiamo anche riderci sopra”.

Insomma, la generazione 1000 euro, per quell’antichissima arte di “saper fare di necessità virtù”, andrebbe protetta e accudita come i panda, nonostante non sia una specie in via d’estinzione, ma ahimè, sia destinata progressivamente a crescere.