Sua Maestà, il Barolo

Sua Maestà, il Barolo

Foto di Adriana Valentini

 

Tornata da un simposio sul Barolo, inebrita dalla sua forza evocativa, ho scritto un’altra cronaca di gusto che potete leggere su Tranquilla (qui). Questo vino è prodotto in purezza da uve Nebbiolo nei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, La Morra, Monforte d’AIba, Novello, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Roddi e Cherasco. Il mio caro amico Matteo, fine conoscitore delle Langhe e sommelier presso l’Enoteca del Barolo, durante quel week end mi ha svelato tutti i segreti sui vari cru del territorio. Un giorno lo ospiterò per una bella intervista, intanto godetevi la sua trasmissione radiofonica  in podcast, Degustazione & Dintorni su Radio Cuneo 103.

Foto di Adriana Valentini

Sua Maestà, il Barolo. Ci troviamo in provincia di Cuneo, con ben 4800 ettari vitatipercorribili su quella che, dal 2006, è diventata la Strada del Barolo e dei grandi vini di Langhe. Il paesaggio è davvero suggestivo e merita un viaggio per scoprire, non solo i sapori di questa zona del Piemonte, ma per conoscere la natura e le antiche residenze che la popolano. Il Barolo è decisamente un vino di carattere, ricco di profumi che possono andare dai fruttati evoluti, alle spezie e al tabacco, con ampie sensazioni gustative che possono regalare emozioni incredibili.

Saper cogliere il momento giusto per aprirne una bottiglia non è facile, ma qualche piccola indicazione sulla sua longevità può servire.

Un Barolo è considerato giovane dai 4 al 6 anni, con tannini ancora poco levigati e caratteristiche che si abbinano, per esempio, ai bolliti e alla cacciagione. Dai 7 ai 10 anni il vino dovrebbe aver acquisito profumi più evoluti che si abbinano a preparazioni importanti a base di carne. Esistono poi dei Barolo che, per struttura, annata ed ottima conservazione in cantina, possono evolvere il maniera eccellente dai 10 ai 20 anni, oppure ahimè, diventare troppo maturi. Il gioco sul “quando” sta alla nostra sensibilità ed al piacere dell’attesa. Diciamo due parole anche sulla decantazione. Su questa pratica, infatti, occorre prestare attenzione.

Questo suggerimento mi fu dato da Biondi Santi “padre”, celeberrimo produttore di Brunello. Secondo lui infatti ossigenare troppo un vino, anche da grande invecchiamento, significa perdersi parte dei suoi profumi. Molto meglio aprirlo qualche ora prima, lasciarlo da parte coperto da un panno di lino e versarlo in un ampio bicchiere. Solo allora potremo ossigenarlo, ruotando delicatamente il bicchiere, godendoci appieno la scala degli aromi che il vino saprà darci. Cosa ben diversa, invece, quando abbiamo un vino da grandissimo invecchiamento che abbia dei residui sul fondo. Solo in quel caso varrà la pena decantarlo, ma esclusivamente per togliere i residui che altrimenti rischierebbero di intorpidirlo.

Foto di Adriana Valentini