Nino Benvenuti, Emile Griffith e la nobile arte

Nino Benvenuti, Emile Griffith e la nobile arte

 

E’ indubbio che Nino Benvenuti abbia fatto della nobile arte, una filosofia di vita che è andata ben oltre il ring. “Negli Stati Uniti si può morire senza un’assicurazione medica” – mi da detto con la voce rotta dalla commozione, parlando del suo amico-nemico Emile Griffith, oggi malato di Alzheimer.

Chi ha seguito la sua carriera non può non ricordare i suoi storici incontri tra i due che incoronarono Benvenuti, due su tre, vincitore del titolo Mondiale dei pesi medi. Eravamo alla fine degli anni Sessanta e, come ebbe modo di dirmi personalmente “allora l’America sembrava lontanissima anni luce dall’Italia, pochi c’erano stati, e l’idea che un bianco sfidasse un nero era impensabile. Noi pugili bianchi provavamo una certa soggezione contro i neri americani perché li consideravamo, da sempre, più forti e resistenti“. 

Benvenuti aveva lanciato una sfida fino ad allora mai tentata da un italiano: combattere contro il campione in carica, Emile Griffith, sul ring del Madison Square Garden, l’arena più famosa per la boxe mondiale.   “Nessuno, – mi confessò Benvenuti –  nemmeno la stampa italiana che mi stimava, credeva in una mia vittoria”.

Prima di lui solo un altro europeo Marcel Cerdan era volato in America per strappare la corona mondiale, seguito da una serie di altri pugili che avevano fallito l’impresa.

Nino Benvenuti salì sul ring il 17 aprile 1967. L’incontro che lo incoronò campione delle cinture WBC e WBA, fu seguito da oltre 17 milioni di italiani  per radio. “Ero al meglio della forma fisica, profondamente determinato, tutte le condizioni favorevoli per vincere” – ha commentato a distanza di anni.

Poi venne quel secondo incontro, quella rivincita dovuta a Griffith. “Quello fu forse l’incontro più duro di tutta la mia carriera perché al secondo round Griffith assestò un colpo che mi provocò la rottura di una costola. Non so come andai avanti, ma tenni duro fino all’ultimo round, senza l’onta di perdere per ritiro”.

Infine l’ultimo clamoroso incontro tra i due, il 4 marzo 1968, che rielesse definitivamente Benvenuti campione WBC e WBA.

Storia finita tra i due, si dirà. E invece no. Perchè a fine carriera, dopo le vittorie, le sconfitte, i matrimoni, i figli e le separazioni Nino Benvenuti ed Emile Griffith iniziarono a frequentarsi di nuovo, questa volta non più come rivali, ma come amici. “Non puoi non diventare amico di una persona con cui hai condiviso 45 round – mi disse, raccontandomi che Emile era stato anche padrino di cresima di suo figlio Giuliano.

Da sinistra Emile Griffith Gil Clancy (allenatore di Griffith, Cassius Clay, Frazier, Foreman) e Nino Benvenuti

E così veniamo a oggi, o meglio a un anno fa, quando Benvenuti organizzò una cordata di solidarietà per aiutare l’amico Emile, malato da tempo di Alzheimer. “Prima di Natale ho ricevuto la telefonata di Luis, suo figlio, che mi chiedeva aiuto. Nell’ultimo periodo le sue condizioni si sono aggravate e la pensione che riceve, solo 300 dollari al mese, non gli permette di curarsi a dovere. Negli Stati Uniti si può morire senza un’assicurazione medica. Per questo ho mobilitato uno sponsor col quale abbiamo donato 10.000 euro e l’abbiamo fatto venire in Italia, per raccogliere dei fondi che lo possano aiutare a vivere decentemente”. E’ da allora che Benvenuti sta mobilitando sponsor, Federazione e opinione pubblica per aiutare il suo amico.

Gli ultimi aggiornamenti di questa commovente storia d’amicizia e di nobiltà d’animo, vengono da un articolo di Repubblica del 3 marzo scorso, della brava Anita Madaluni. Chiunque vorrebbe un amico così, vien proprio da dire.   

Per approfondire leggi la carriera di NINO BENVENUTI, tratto da InEuropa.